NOTAIO
Giovanni Maria Plasmati
Il Tribunale di Bologna (ord. 3 febbraio 2020, n. 21280) e il Tribunale di Modena (ord. 7 febbraio 2020, n. 3703) hanno esteso l’applicabilità del regime di convivenza di fatto anche alle coppie formate da un cittadino italiano ed un cittadino straniero, non ancora titolare di un permesso di soggiorno e quindi non ancora residente in Italia affermando che “lo straniero ha diritto all’ingresso in Italia e al ricongiungimento con il partner italiano, se intrattiene con questi una stabile relazione, non registrata, ma debitamente attestata da documentazione ufficiale.” Pertanto con la sottoscrizione di un contratto di convivenza notarile vi è da parte dello straniero, privo di autonomo titolo di soggiorno duraturo, il diritto ad ottenere la residenza in Italia ai fini dell’unità familiare. In passato si riteneva che per sottoscrivere un contratto di convivenza, fosse necessaria l’attualità della residenza in Italia del cittadino straniero e quindi che lo stesso fosse già in possesso di un idoneo permesso di soggiorno (diverso da quello per vacanze o studio) ciò anche ai sensi dell’art. 6, comma 7 del d.lgs. 286/1998, (ed ex circolare ministeriale n. 9/2012 Min. Int.) che impone allo straniero che voglia iscriversi all’anagrafe l’obbligo di esibire regolare titolo di soggiorno. Secondo tale nuova interpretazione - basata su quanto prevede l’art. 3 D.Lgs. 30/2007, che recepiva i dettami della direttiva 2004/38/CE, e che riconosceva, l’esistenza di un “diritto all’agevolazione dell’ingresso e del soggiorno anche al partner con cui il cittadino dell'Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata con documentazione ufficiale” - ai fini dell’ottenimento della residenza si può produrre ai Comuni ed ai fini dell’ottenimento della residenza alternativamente o un soggiorno certificato da regolare permesso oppure, in maniera del tutto nuova, che sussiste una stabile relazione attestata da un apposito contratto di convivenza autenticato da un notaio. Detta nuova interpretazione è conforme anche a quanto sostenuto dalla Cassazione (ordinanza 13 aprile 2018, n. 9178), la quale ha affermato che “Si ha convivenza more uxorio … qualora due persone siano legate da un legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale abbiano spontaneamente e volontariamente assunto reciproci impegni di assistenza morale e materiale: ai fini dell'accertamento della configurabilità della convivenza more uxorio, i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza degli elementi presuntivi, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in relazione al complesso degli indizi (quali, a titolo meramente esemplificativo, un progetto di vita comune, l'esistenza di un conto corrente comune, la compartecipazione di ciascuno dei conviventi alle spese familiari, la prestazione di reciproca assistenza, la coabitazione), i quali devono essere valutati non atomisticamente ma nel loro insieme e l'uno per mezzo degli altri”. Per la stipula di un contratto di convivenza ai fini dell’iscrizione dello straniero come soggetto residente in Italia, anche se privo di permesso di soggiorno stabile (ossia diverso da vacanza o studio), è necessario verificare oltre che il regolare ingresso in Italia anche che sia rispettato il “principio di reciprocità” (ossia che anche ad un italiano sia consentito nel Pese dello straniero convivente stipulare analogo contratto) e il citato contratto di convivenza abbia un contenuto minimo (esempio: residenza e conto corrente comune; compartecipazione dei conviventi alle spese familiari, la prestazione di reciproca assistenza) in modo da attestare l’impegno reciproco come indicato dalla precitata Cassazione e che allo stesso siano allegati (o perlomeno verificati) documenti che escludano l’esistenza di situazioni di incompatibilità (stato di famiglia per escludere parentele o affinità e certificati di assenza di matrimoni in essere).