NOTAIO
Giovanni Maria Plasmati
La Cassazione n. 28196 del 10 dicembre 2020 distingue l’azione di riduzione di cui agli artt. 553 ss. c.c. dalla collazione ex artt. 737 ss. c.c., affermando che la prima è volta a far dichiarare l’inefficacia delle disposizioni lesive dei diritti di legittima e precede l’azione di restituzione volta al recupero dei beni oggetto di tali disposizioni, mentre la collazione rappresenta “l’istituto preordinato dalla legge per la formazione della massa ereditaria, allo scopo di assicurare l’equilibrio e la parità di trattamento in senso relativo tra i coeredi in modo da far sì che non venga alterato il rapporto di valore tra le varie quote e sia garantita a ciascun coerede la possibilità di conseguire una quantità di beni proporzionata alla propria quota; la seconda invece è imperniata sul rapporto tra legittima e disponibile poiché sacrifica i donatari nei limiti di quanto occorra per reintegrare la legittima lesa, diversamente la collazione, nei rapporti indicati nell’art. 737 c.c. “pone il bene donato, in proporzione della quota ereditaria di ciascuno, in comunione fra i coeredi che siano il coniuge o discendenti del de cuius, donatario compreso, senza alcun riguardo alla distinzione fra legittima e disponibile”. Quando infatti una donazione soggetta a collazione sia contemporaneamente lesiva della legittima, la tutela offerta dall’azione di riduzione, vittoriosamente esperita contro il coerede donatario, non assorbe gli effetti della collazione: quest’ultima permetterà in tale caso al legittimario di concorrere pro quota sul valore della donazione ridotta che eventualmente sopravanzi l’ammontare della porzione indisponibile della massa. Inoltre, poiché solo per la collazione - ai sensi dell’art. 746 c.c. - è consentita la facoltà di procedere, invece che al conferimento in natura, all’imputazione del mero valore dell’immobile alla propria porzione divisoria, nonostante l’eliminazione di fatto di eventuali lesioni di legittima, l’esperimento dell’azione di riduzione conserva una sua utilità: “solo l’accoglimento di tale domanda, infatti, può valere ad assicurare al legittimario leso la reintegrazione della sua quota di riserva con l’assegnazione di beni in natura, privando i coeredi della facoltà di optare per la imputazione del relativo valore”.