NOTAIO
Giovanni Maria Plasmati
La Cassazione, 29 novembre 2022, n. 35086, afferma che la dichiarazione del coniuge non acquirente possa assumere portata confessoria quando risulti descrittiva di una situazione di fatto esistente, mentre è da qualificarsi come avente natura ricognitiva (senza il valore probatorio della confessione) quando è una mera dichiarazione di intenti. In questo secondo caso, l’evento dirimente al fine di comprendere se l’acquisto effettuato in costanza di matrimonio dai coniugi in regime di comunione appartenga alla medesima comunione, in presenza di una dichiarazione del coniuge non acquirente circa la destinazione ad uso personale del bene, è costituito dall’effettivo impiego dello stesso. Quando invece l’intervento del coniuge non acquirente assume il significato di riconoscimento dei già esistenti presupposti di fatto dell’esclusione del bene dalla comunione, l’azione di accertamento presupporrà la revoca di quella confessione stragiudiziale, nei limiti in cui è ammessa dall’art. 2732, c.c. Al riguardo, la Corte ha ribadito che per poter assegnare alla dichiarazione del coniuge non acquirente, verbalizzata nell’atto pubblico di compravendita, valore di confessione di un fatto storico (pagamento del prezzo con il ricavato del trasferimento di beni personali), è necessario fornire una indicazione precisa della provenienza dei fondi utilizzati per l’acquisto dal prezzo ricavato dal trasferimento di beni personali ai sensi delle lettere a), b), c), d), e) ed f) dell’art. 179, comma 1, c.c.