NOTAIO
Giovanni Maria Plasmati
Secondo una recente e criticata risposta ad interpello AE, n.534 del 6 novembre 2000 il valore da tener conto per il calcolo delle imposte di una divisione è dato dal valore di mercato e non da quello catastale in virtù del seguente ragionamento. Ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 «Il valore globale netto dell'asse ereditario è costituito dalla differenza tra il valore complessivo, alla data dell'apertura della successione, dei beni e dei diritti che compongono l'attivo ereditario, determinato secondo le disposizioni degli artt. da 14 a 19, e l'ammontare complessivo delle passività deducibili e degli oneri diversi da quelli indicati nell'art. 46, comma 3». L'articolo 14 del citato decreto legislativo stabilisce, tra l'altro, che «La base imponibile, relativamente ai beni immobili compresi nell'attivo ereditario, è determinata assumendo: a) per la piena proprietà, il valore venale in comune commercio alla data di apertura della successione». Pertanto, per la valutazione dei beni immobili compresi nella massa comune, Pagina 5 di 7 occorre far riferimento al valore venale in comune commercio dei suddetti beni alla data della divisione e non al valore catastale. Tuttavia, come correttamente è stato detto da Pischetola nello studio del Consiglio Nazionale del Notariato del 19 novembre 2020 il principio, ormai consolidato e pacificamente condiviso dall’Amministrazione stessa nella pratica applicazione dei criteri che presidiano alla corretta liquidazione delle imposte dovute su tale genere di atti, per il quale il limite al potere di rettifica da parte dell’Amministrazione dei valori esposti negli atti soggetti a registrazione (avuto appunto riguardo al valore o al corrispettivo degli immobili), è disciplinato a regime e di default dai commi 4 e 5 dell’art. 52 del DPR n. 131/86 (TUR), riferibile senza ombra di dubbio anche a tutti gli atti portanti scioglimento di comunioni (ereditaria o ordinaria): l’unica eccezione infatti è costituita, come è noto, solo dalla previsione di cui al comma 5-bis del citato art. 52, e cioè per i soli atti di cessione ‘diversi’ da quelli disciplinati dall'articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni (per i quali ultimi, cioè, la base imponibile può essere forfettizzata, ricorrendo le condizioni soggettive ed oggettive ivi previste, grazie al meccanismo del ‘prezzo-valore’). Del resto la stessa A.E. nella circolare n. 6/E del 6 febbraio 2007 al § 1.2 precisa che “la preclusione alla rettifica del valore prevista dai commi 4 e 5 dell'art. 52 del Tur continua a trovare applicazione con riferimento agli atti che non costituiscono cessione di immobili, sempre che risultino valori dichiarati o corrispettivi pattuiti in misura non inferiore ai valori catastali rivalutati. È il caso, ad esempio, degli atti aventi natura dichiarativa, come le divisioni senza conguaglio.”[1]