NOTAIO
Giovanni Maria Plasmati
Le Sezioni Unite, 16 marzo 2023, n. 7682 hanno analizzato l’art. 6 TUR il quale prevede che “(s)i ha caso d'uso quando un atto si deposita, per essere acquisito agli atti, presso le cancellerie giudiziarie nell'esplicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell'adempimento di un'obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organo ovvero sia obbligatorio per legge o per regolamento”. La Corte osserva che la norma in analisi non ha (come invece faceva in passato) inteso ricomprendere il deposito, a meri fini probatori, tra le ipotesi del caso d’uso. Chiarita la nozione di caso d’uso, la Corte si è concentrata sul profilo della tassazione della ricognizione di debito, rilevando, come anticipato, ben tre filoni giurisprudenziali contrastanti sulla questione:
a) La prima tesi ritiene che l’istituto debba farsi rientrare nell’ambito dell’art. 9 della Tariffa parte I, che assoggetta ad imposizione in termine fisso proporzionale nella misura del 3% gli “atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale”;
b) La seconda tesi ritiene applicabile l’art. 3, della Tariffa parte I, alla stregua di quanto fatto dall’Ufficio nella fattispecie concreta (1%);
c) La terza impostazione ritiene che la ricognizione di debito debba farsi rientrare nell’alveo dell’art. 4 della Tariffa parte II, secondo cui, sono assoggettate, in caso d'uso, ad imposta di registro in misura fissa, per quanto qui rileva, le scritture private non autenticate non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale.
La soluzione del contrasto giurisprudenziale – sostengono le SSUU – deve partire da un’analisi della natura della ricognizione di debito quale atto di natura dichiarativa. Infatti, nel genus degli atti di natura dichiarativa, sono ravvisabili tre categorie:
a) Atti o negozi dichiarativi riferibili a fattispecie nelle quali, come nella divisione, si abbia per effetto del negozio dichiarativo una modificazione della situazione giuridica preesistente;
b) Atti o negozi ricognitivi finalizzati a manifestare la consapevolezza in ordine ad una data situazione giuridica, non incerta, preesistente all’atto ricognitivo;
c) Atti o negozi di accertamento la cui funzione sia quella di rimuovere un’oggettiva situazione d’incerta riconosciuta dalle parti.
La ricognizione di debito, allorché sia finalizzata a riaffermare un rapporto obbligatorio preesistente, sul quale non vi è incertezza, si inquadra nella categoria sub b). Non scaturendo da essa alcun effetto reale o obbligatorio, né avendo un autonomo rilievo patrimoniale (e derivandone solo l’agevolazione per il creditore sul piano dell’onere della prova), le Sezioni Unite hanno ritenuto di aderire al terzo orientamento tra quelli esposti; per l’effetto, la ricognizione di debito contenuta in una scrittura privata non autenticata deve essere ricondotta, ai fini dell’imposta di registro, all’art. 4 della Tariffa parte II. La Corte di Cassazione ha quindi enunciato i seguenti principi di diritto: “Il deposito di documento a fini probatori in procedimento contenzioso non costituisce <caso d'uso> in relazione al D.P.R. n. 131/1986, art. 6” e “La scrittura privata non autenticata di ricognizione di debito che, come tale, abbia carattere meramente ricognitivo di situazione debitoria certa, non avendo per oggetto prestazione a contenuto patrimoniale, è soggetta ad imposta di registro in misura fissa solo in caso d'uso”.