NOTAIO
Giovanni Maria Plasmati
Quesiti Pubblicistici n. 121-2022/P in tema di Vendita di chiosco Risposta del 15 luglio 2022
PRIMO QUESITO
Con riferimento alla cessione di un’azienda comprensiva di un chiosco bar (imbullonato al suolo) insistente su strada comunale facente parte del centro urbano, si chiede se detto chiosco sia da considerare bene immobile e se, quindi, devono essere rispettate le norme in materia di conformità catastale e in materia urbanistico – edilizia.
Risposta: Sembrerebbe che il descritto chiosco sia da ritenere un bene immobile soggetto alle prescrizioni di cui alla normativa catastale e urbanistica.
SECONDO QUESITO
Si chiede inoltre qual è il diritto reale avente ad oggetto il chiosco in assenza di un atto pubblico di costituzione della proprietà superficiaria, e se l’autorizzazione comunale ad installare il chiosco può essere ritenuta costitutiva del diritto di proprietà del chiosco disgiunto dalla proprietà del suolo che continua a essere del Comune.
Risposta: Il privato titolare della concessione di area demaniale, autorizzato dall’ente concedente a costruire sull’area stessa (opere rimuovibili e non), sarebbe titolare di un diritto reale su beni demaniali “assimilabile” al diritto di superficie regolato dall’art. 952 c.c.
ARGOMENTAZIONI PRIMO QUESITO
Dal punto di vista catastale, può richiamarsi anzitutto il Regolamento recante norme in tema di costituzione del catasto dei fabbricati e modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale (D.M. 02/01/1998, n. 28), il quale all’art. 2 stabilisce che «1. L’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale. (…) 3. Sono considerate unità immobiliari anche le costruzioni ovvero porzioni di esse, ancorate o fisse al suolo, di qualunque materiale costituite, nonché gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, purché risultino verificate le condizioni funzionali e reddituali di cui al comma 1. Del pari sono considerate unità immobiliari i manufatti prefabbricati ancorché semplicemente appoggiati al suolo, quando siano stabili nel tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale». Menzione merita inoltre la Circolare 16 maggio 2006, n. 4, con cui la Direzione dell’Agenzia del Territorio ha dato conto di come, «la prassi vigente prevede di attribuire la categoria E/3, che comprende “costruzioni e fabbricati per speciali esigenze pubbliche”, anche alle stazioni di servizio per la vendita dei carburanti e ai chioschi per bar ed edicole. È evidente che segnatamente, per le due ultime fattispecie, tale modalità operativa può essere confermata solo in presenza di costruzioni aventi caratteri “singolari” per tipologia costruttiva (precaria per l’uso di materiali leggeri), nonché per dimensione e diffusione ordinariamente contenuta. Solo dette costruzioni sono qualificabili propriamente come chioschi, che sotto il profilo catastale vengono censiti in E/3». Questo indirizzo ha trovato conferma nella successiva Circolare della stessa Agenzia, del 13 aprile 2007, n. 4/T, laddove si ricorda come con la circolare n. 4/T del 16 maggio 2006 «erano stati già anticipati indirizzi tecnici e procedurali concernenti unità immobiliari a destinazione particolare» [Circolare - 13/04/2007, n. 4/T]. Quanto alla normativa edilizia, può ritenersi consolidato l’orientamento secondo il quale la precarietà di una costruzione non si identifica con l’assenza d’ancoraggio del bene al suolo, affermandosi infatti che è assoggettato alla concessione edilizia un chiosco prefabbricato per lo svolgimento di un’attività commerciale non infisso al suolo, ma allo stesso aderente in modo stabile, e destinato ad un’utilizzazione perdurante nel tempo [Consiglio di Stato, 16/02/2011, n. 986,]. Anche l’ampliamento di un chiosco bar per uso stagionale è stato considerato intervento di nuova costruzione richiedente il permesso di costruire, «in considerazione del carattere ontologicamente “non temporaneo” di una struttura destinata all’esercizio di un’attività commerciale e di somministrazione e della permanente idoneità ad alterare lo stato dei luoghi che un manufatto di dimensioni non trascurabili è idoneo a determinare, anche a prescindere dalla rimozione per alcuni mesi l’anno» [Cons. Stato, 9 giugno 2020, n. 3697]. La giurisprudenza Cass. pen., 7/05/2015, n. 9925 è costante nel ritenere che «la natura di opera “mobile” o “precaria” (non soggetta al titolo abilitativo) riposa non nelle caratteristiche costruttive ma piuttosto in un elemento di tipo funzionale, connesso al carattere dell’utilizzo della stessa» [Cass. pen., 7/05/2015, n. 9925]; la precarietà di un manufatto non dipende dal tipo di materiale adoperato, ma dalle esigenze che quel manufatto è destinato a soddisfare; vale a dire dalla stabilità dell’insediamento indicativa dell’impegno durevole ed effettivo del territorio. Per verificare se una determinata opera abbia carattere precario, che è condizione per l’accertamento della non necessarietà del relativo permesso di costruire, occorre dunque verificare la destinazione funzionale e l’interesse finale al cui soddisfacimento essa è destinata (Cons. Stato, 18 marzo 2020, n. 1924, e Cons. Stato, 7 dicembre 2017, n. 5762)
ARGOMENTAZIONI SECONDO QUESITO
Relativamente al diritto che si andrebbe a trasferire, sul presupposto che la strada su cui insiste il chiosco appartenga, come sembra essere, al demanio comunale, va premesso che i beni pubblici, per la loro destinazione alla diretta realizzazione di interessi pubblici, sono assoggettati ad uno speciale regime che si diversifica notevolmente dal diritto comune. In particolare, il godimento di tali beni può essere legittimamente attribuito ad un soggetto diverso dall’ente pubblico che ne è titolare, solo mediante concessione amministrativa, nel rispetto di certi limiti e per alcune utilità. La giurisprudenza ha ripetutamente affermato che l’attribuzione a privati dell’utilizzazione di beni del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato o dei Comuni, quale che sia la terminologia adottata nella convenzione ed ancorché essa presenti elementi privatistici, è riconducibile alla figura della concessione - contratto [Cons. Stato, 11 gennaio 2021, n. 382,]. Mancando in questa sede la conoscenza della fattispecie concessoria del caso specifico, si ritiene possa essere utile la consultazione di due precedenti Studi del CNN (M. Leo, Studio n. 220-2011/C, Atti dispositivi su beni realizzati su area demaniale, Approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 7 aprile 2011; M. Velletti, Studio n. 2821, Natura e regime giuridico dei diritti nascenti dalle concessioni amministrative di beni demaniali. Brevi cenni sul contratto di ormeggio, Approvato dalla Commissione studi il 7 febbraio 2001, entrambi in Banca Dati Notarile Gallizia), che con la presente si allegano per comodità. In tali Studi, relativamente alla natura dei diritti nascenti in capo al concessionario di beni demaniali, si è ritenuto che, ferma restando la qualificazione dettata dal provvedimento o dalla legge, nel caso di concessioni di suolo pubblico con facoltà di edificare, sia da condividere la ricostruzione giurisprudenziale che assimila i diritti riconosciuti al concessionario ai diritti reali su cosa altrui, e in particolare al diritto di superficie. Viene riportata la giurisprudenza la quale, pur ammettendo che la concessione ad aedificandum su un’area demaniale può, in astratto, determinare la costituzione sul bene sia di un diritto di natura reale sia di un diritto di natura personale, ha frequentemente ribadito il principio secondo cui il concessionario di un’area demaniale, sulla quale abbia ottenuto l’autorizzazione ad edificare, è titolare di una proprietà superficiaria, sia pure avente natura temporanea e soggetta ad una peculiare regolamentazione in ordine al momento della sua modificazione, estinzione o cessazione. In sostanza il privato titolare della concessione di area demaniale, autorizzato dall’ente concedente a costruire sull’area stessa (opere rimuovibili e non), sarebbe titolare di un diritto reale su beni demaniali “assimilabile” al diritto di superficie regolato dall’art. 952 c.c.