NOTAIO
Giovanni Maria Plasmati
La Corte di Cassazione, 17 ottobre 2022, n. 30425, ha ribadito quanto espresso dalle SS.UU. n. 8230/2019, secondo cui la nullità comminata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, e dalla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40, è da ricondursi nell'ambito dell'art. 1418, co. 3, c.c. di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità "testuale". Con tale espressione si deve fare riferimento, in stretta adesione al dato normativo, ad un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell'immobile; in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato. La sentenza in oggetto sottolinea che tali principi risultano altresì applicabili nel caso di costruzione iniziata anteriormente al 1° settembre 1967, per i quali la L. n. 47 del 1985 art. 40, co. 2, prevede, in luogo della menzione in atto degli estremi della concessione, la dichiarazione da parte del proprietario o altro avente titolo, nella forma sostitutiva dell'atto notorio, attestante che l'opera risulta iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967. Al riguardo, in presenza di tale dichiarazione, la nullità comminata dalla legge urbanistica può ritenersi esistente solo nel caso in cui tale dichiarazione non risulti riferibile all'immobile oggetto dell'atto traslativo ovvero nell'ipotesi in cui quanto dichiarato non corrisponda alla realtà.